domenica 26 agosto 2012

L’elogio della pazzia di Bregovic e Baldassar Castiglione


“Ché come si dice in Puglia circa gli atarantati, s’adoperano molti instrumenti di musica con vari suoni ... fin che quello umore che la infirmità ... sentendolo, subito si move e tanto agita l’inferno, che per qualla agitazione si riduce a sanità, così noi, quando abbiamo sentito qualche nascosta virtù di pazzia ... così ben l’abbiam agitato, che sempre s’è ridotto a perfezione di pubblica pazzia ... in ciascun di noi sia qualche seme di pazzia, il quale risvegliato possa multiplicarsi in infinito!”
Il Libro del Cortegiano, Baldassar Castiglione



In una terra in cui ogni evento (anche il più misero) viene trasformato in evento culturale, ne esiste uno che resta l’unico veramente apprezzabile e che riesce ad offrire una produzione unica. Per improbabili festival del rock, per residenze artistiche e musicali più simili a case vacanze, per convegni e seminari su filosofi, pittori e intellettuali locali che sarebbe meglio lasciare alla “dimenticanza” e all’oblio, per ogni sorta di sagra o manifestazione popolare in cui la tradizione viene costantemente violentata o tradita, c’è un evento, che pur con tutte le sue contraddizioni (lottizzazione politica e gestione clientelare), resta l’unico che riesce, da quindici anni, a coniugare tradizione e modernità, che riesce ad essere una vera contaminazione di generi popolari ed ogni anno offre un prodotto musicale che va oltre i ritmi, ormai nauseanti, della “pizzicarella” e oltre la dimensione puramente folcloristica. Mi riferisco, ovviamente, a La Notte della Taranta di Melpignano. Non è certamente l’unico ma - anche per evidenti potenzialità economiche – il più riuscito. Sia ben chiaro che a Zampanò non piace la pizzica e tutta la retorica che si è costruita su questa musica negli ultimi vent'anni, ma La Notte della Taranta riesce, in un certo senso, a far piacere anche la pizzica. Perché la oltrepassa. Il successo dell’evento di Melpigano, supera, tra l’altro, le capacità dei singoli maestri concertatori che si sono alternati in questi quindici anni. È certo, però, che l’edizione 2012 di Goran Bregovic  - forse la più bella e riuscita - è stata la più travolgente e coinvolgente. Tutto era già chiaro sin dal motto del Maestro Concertatore: “Chi non diventa pazzo non è normale”! Chissà se Goran Bregovic aveva in mente, anche, Baldassar Castiglione.


domenica 22 luglio 2012

IL RASOIO DI OCKHAM APPLICATO ALLE PROVINCE


«Non si devono moltiplicare gli enti oltre la necessità... La pluralità va ipotizzata solo quando è necessaria... Si fa inutilmente con molte cose ciò che si può fare con poche cose».
Guglielmo di Ockham

Il governo Monti, prendendo la decisione di eliminare le province superflue, si deve essere ispirato al famoso rasoio di Ockham: Entia non sunt multiplicanda. Il governo dei tecnici ha dimostrato di conoscere la lontana filosofia medievale e di saperla applicare alla realtà contemporanea.
La decisione di voler ridurre le province ha allarmato tanti amministratori. Per un vicepresidente della Provincia di Lecce che arriva a dire, addirittura, che a questo punto è meglio la Regione Salento, c’è un presidente della Provincia di Brindisi che su Facebook annuncia battaglia: “nessuno potrà chiedermi di accompagnare a morire la mia grande Provincia”. Stile “letterario” di simili affermazioni a parte, è evidente che, ancora una volta, prevale la voglia del particulare, perdendo di vista l’interesse generale del paese. Non pretendiamo, naturalmente, che gli amministratori conoscano Guglielmo di Ockham (per carità!), ma almeno che facciano prevalere il buon senso in un momento di crisi. Riduciamo gli enti inutili, a partire dalle province, e ricordiamoci sempre, come filosofia di vita (ed anche in politica): Si fa inutilmente con molte cose ciò che si può fare con poche cose! È un elementare criterio economico, sociale, politico e culturale. Seguiamolo!



giovedì 19 luglio 2012

CASO MINETTI: MORALISMO E IPOCRISIA


Gli Scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero nel mezzo, bene in vista, e gli dissero: Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Ora Mosè ci ha ordinato nella legge che tali donne siano lapidate: Tu che ne pensi?
Parlarono così per tendergli un'insidia e aver poi un pretesto per accusarlo. Ma Gesù si chinò e col dito si mise a scrivere in terra. E poiché quelli insistevano, egli alzò il capo e rispose: Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei. Poi si chinò di nuovo e continuò a scrivere in terra.
Udite queste parole, se ne andarono tutti, uno dopo l’altro, cominciando dai più vecchi.
Rimasero soltanto Gesù e la donna che continuava a stare lì, in piedi. Allora Gesù, alzatosi, le chiese: Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?
Rispose: Nessuno, Signore. Le disse Gesù: Neppure io ti condanno, va e non peccare più. 
Vangelo di Giovanni 8,3-11

Nicole Minetti pare si stata consigliata (si fa per dire) di dimettersi da consigliere regionale. Lo deve fare in quanto imputata, diversamente dal suo capo Silvio Berlusconi, anch’egli pluri-imputato. È una questione di opportunità, pare. E poi, a quanto dice il PDL lombardo, sembra che Nicole Minetti abbia capito, improvvisamente, che fare politica non è la sua strada. In realtà, Nicole Minetti è diventata il capro espiatorio di un partito. Alla fine sarà il Cavaliere ad essere vittima della sua igienista dentale.
Nicole Minetti ha prima attirato su di sé “l’ira funesta” di un intero paese, ma fu, inzialmente, difesa da un partito politico. Oggi è scaricata anche da quest’ultimo e diviene vittima dei farisei. Dopo essere stata utilizzata e sfruttata in quanto donna. Oggi viene umiliata in quanto donna non politicamente corretta, dai costumi poco consoni e contraria all’ “ordine costituito”. In questo momento serve un capro espiatorio, direbbe René Girard. Nicole Minetti è l’agnello sacrificale grazie al quale il capo ne dovrebbe uscire pulito. Ancora una volta la donna ed il suo corpo vengono usati per scopi politici. Peccato non ci sia stato nessun movimento femminile che ha solidarizzato con una donna che è stata doppiamente vittima del più becero maschilismo. Nicole Minetti, solo perché non intellettualmente elevata e non corrispondente al consolidato prototipo di donna da difendere, è stata già condannata come unica responsabile del malcostume in politica. La consigliera regionale sembra trovarsi nel ruolo di adultera davanti a Gesù: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra”. Oggi, però, un Gesù non c’è più. In questa società, si sa, “il cuore tenero non è una dote”.



lunedì 25 giugno 2012

Alla ricerca di nuove forme di rappresentanza politica

“Ecco perché, se si vuole continuare a immaginare la possibilità di un progetto politico, si finisce inevitabilmente per ragionare sui nuovi soggetti “come se” fossero classi, oppure si parla della necessità di “inventare” nuove forme di rappresentanza. [È necessario] verificare se la rivoluzione digitale abbia generato esperienze ed esperimenti che consentano d’intuire quali potrebbero essere queste nuove forme di rappresentanza; se esse abbiano una qualche somiglianza con precedenti esperienze di democrazia diretta; e in che modo il potere economico e politico stia reagendo a queste esperienze.”

Carlo Formenti, Cybersoviet. Utopie postdemocratiche e nuovi media
 
La rivoluzione digitale ha cambiato la politica ed il modo di fare politica. In Italia è in ascesa il Movimento5Stelle che nasce e si diffonde, prevalentemente, in rete ... anche se di democratico ha ben poco. In Europa si sta affermando un nuovo movimento: il Partito Pirata, che più e meglio di chiunque altro, utilizza le potenzialità della rete coinvolgendo i cittadini alla diretta partecipazione politica. Ma la questione è: la rivoluzione digitale ha modificato le forme di democrazia diretta? Ha creato nuove forme di rappresentanza? In un certo senso si, anche se siamo ancora lontani da un cambiamento radicale, da una rivoluzione. La risposta alla domanda si chiama LiquidFeedback, il sistema inventato dai pirati tedeschi per prendere decisioni coinvolgendo, veramente, la base. Si tratta di una nuova forma di rappresentanza e di democrazia diretta che ha spiazzato il potere politico ed economico tedesco. Ci arriveremo anche noi?

martedì 8 maggio 2012

Il centrosinistra leccese non c’è. Giovanni Lindo Ferretti sì.



 Il centro-sinistra a Lecce non esiste. “Ostacolata, lenta e zoppicante” la coalizione di centrosinistra semplicemente non c’è. Gli ultimi superstiti di un passato che non muore hanno regalato la più umiliante delle sconfitte: settari, incapaci di farsi interpreti delle esigenze della città, inadeguati a dialogare con i molteplici e vari corpi sociali di una città molto più complessa di quanto la si presenti.

 Dietro la facile e comoda giustificazione – Lecce è una città di destra – sembra proprio che non si voglia iniziare un processo di comprensione dei propri limiti, di analisi degli errori e di riflessione sull’inabilità a progettare il futuro. Si doveva intervenire prima, ma si è fatto finta di nulla. Oggi è inutile nascondersi dietro analisi politologiche sulla crisi dei partiti, sulle tasse del governo Monti, sulla rete di potere di Palazzo Carafa e su, presunti, ma mai dimostrati, acquisti di voti. Il centrosinistra a Lecce non esiste. E’ tempo di mettere da parte i reperti archeologici impersonati da una classe dirigente che usa un linguaggio vecchio e che non capisce la nuova composizione sociale, che non ha ancora compreso le potenzialità della rete e della democrazia partecipata e liquida: “vacui pensieri persi in cerca del passato”, dice Giovanni Lindo Ferretti.

Ora è tempo di futuro. Di innovazione. Di “sgobbare e onorare”. Tanto per cominciare, come cura propedeutica alla riflessione politica, consiglio di andare tutti ad ascoltare Giovanni Lindo Ferretti. Sarebbe già un buon inizio.

giovedì 12 aprile 2012

Tradizioni popolari e barbarie


Non si deve dare più ascolto alle persone che lamentano la fine delle tradizioni popolari (nei costumi, nella morale, nei concetti giuridici, nei dialetti, nelle forme di poesia e così via). Proprio a questo prezzo ci si innalza al soprannazionale, agli scopi generali dell’umanità, al sapere radicale, alla comprensione e al godimento di ciò che è passato e non è familiare. Insomma, proprio così si smette di essere barbari.
Friedrich W. Nietzsche, Frammenti


Viviamo in una dittatura delle tradizioni popolari: musica, beni culturali, dialetti, politica, poesia e costumi. Ovunque si cerca di riscoprire e rivalutare questa maledetta tradizione popolare.
Invece di innalzarsi al soprannazionale, di avere la mente rivolta al mondo, ci si lega al locale, al microcosmo in cui ci sentiamo a nostro agio ... ma solo perché siamo così piccoli da non reggere il confronto con gli scopi generali dell’umanità, con il sapere radicale.
La riscoperta del locale, come ogni elucubrazione intorno al proprio ombelico, è rassicurante e non mette in discussione il nostro personale sistema di valori, è comoda e facile. Ma ci condanna a rimanere dei puri e semplici barbari!

lunedì 2 aprile 2012

Vanini, Hölderlin


Dissero che offendevi Dio. Ti maledissero,
ti compressero il cuore, ti legarono,
ti diedero alle fiamme, te, il Santo.
Perché non sei ritornato dal cielo
avvolto nelle fiamme, per colpirli
i blasfemi, suscitare la tempesta
disperderne le ceneri di barbari
dalla tua terra e dalla tua patria!
Ma la santa Natura, che tu amasti
in vita, e che ti accolse nella morte,
perdona. E i tuoi nemici ritornarono
nella sua antica pace come te.
Friedrich Hölderlin, Vanini


Giulio Cesare Vanini è uno di quei filosofi il valore della vita (ma potremmo anche dire della morte) supera, per intensità e tragicità, la profondità del suo pensiero ed acquista un superiore valore filosofico. Un po’ come Ernst Jünger (intellettuale molto diverso da Vanini) è la sua vita a sovrastare la filosofia. Forse proprio per questo dispiace per la sua fine, atroce e crudele. Ma fa piacere sapere che a Tolosa si stata intitolata a Giulio Cesare Vanini l’Esplanada di Place du Salin, la piazza in cui il 9 febbraio 1619 fu eseguita la sua condanna a morte per offesa contro la divinità accusa per la quale, prima di bruciarlo, gli strappano anche la lingua. Nonostante ciò, morì, “allegramente”, da filosofo, almeno così si dice. Ma dopo la dedica a Tolosa, è come se Vanini fosse ritornato dal cielo, avvolto dalle fiamme, a disperdere le ceneri dei barbari, a colpire i “veri” blasfemi. Il poeta tedesco Hölderlin, che gli dedicò questa bellissima poesia, aveva già previsto tutto.