mercoledì 22 febbraio 2012

Lecce, le elezioni e l’incombere dell’Anticittà

L’anticittà sono le migliaia di persone, giovani e anziani, tagliate fuori dalla vita culturale, dagli scambi economici, dalle relazioni istituzionali. L’Anticittà cresce parallela alla città ufficiale, come un corpo separato. ... Il nuovo ritmo urbano dell’Italia contemporanea sorge da una moltitudine di sussulti edilizi solitari; da una società dove le forme di coesione elementari – la famiglia, l’associazione, la catena di negozi, la piccola impresa – hanno acquisito negli ultimi trent’anni le risorse finanziarie e giuridiche per costruirsi la propria porzione di spazio, la propria “monade” urbana... Questo nuovo ritmo urbano, quello di una moltitudine di edifici solitari e ammassati, ha dispiegato tutta la sua potenza nelle aree di recente edificazione ... ma solo uno sguardo più attento miope non ne vede gli effetti anche nelle zone centrali delle nostre città...Viviamo in città vuote eppure ci ostiniamo a volerle più grandi, più estese nel territorio ... Le città devono smettere di crescere divorando terra agricola e natura e cominciare a occuparsi di se stesse, rigenerando e rioccupando quei deserti urbani che – pensiamoci bene – rappresentando la vera cifra della nostra follia politica.”
Stefano Boeri, L’Anticittà

E’ un dato ormai acquisito che la città di Lecce sia cresciuta molto negli ultimi due decenni dal punto di vista culturale, urbanistico e sociale. Questa crescita è ciò che lega con un filo rosso l’amministrazione di Stefano Salvemini a quella di Adriana Poli Bortone e Paolo Perrone. Con Salvemini si è affermata un’idea nuova e moderna di città, che è stata, successivamente, sviluppata dalle amministrazioni successive. Ora, al di là delle singole convinzioni politiche personali, Lecce è certamente migliorata, ma è anche vero che negli ultimi anni c’è stato una vero e proprio boom di costruzioni di edifici, complessi abitativi e centri commerciali che hanno letteralmente divorato terra agricola e natura, per dirla con le parole di Stefano Boeri. Il rischio che corre la città di Lecce è che anche da noi si affermi l’anticittà, ovvero che si continui a costruire per puri interessi di speculazione finanziaria e che non si pensi a recuperare e bonificare le tante zone abbandonate e di degrado della città. Visto che siamo in campagna elettorale ci auspichiamo che i tanti candidati (così come quelli che annunceranno la propria candidature nelle prossime settimane) dedichino qualche minuto del loro tempo a riflettere sulle proposte di Boeri per evitare che l’anticittà abbia il sopravvento sulla città.

martedì 14 febbraio 2012

Non per profitto

“Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di proporzioni inedite e di portata globale. Non mi riferisco alla crisi economica mondiale che è iniziata nel 2008...ma a una crisi che passa inosservata, che lavora in silenzio, come un cancro: la crisi mondiale dell’istruzione. I paesi di tutto il mondo ben presto produrranno generazioni di docili macchine anziché cittadini a pieno titolo, in grado di pensare per sé, criticare la tradizione e comprendere il significato delle sofferenze e delle esigenze delle altre persone. Il futuro delle democrazie di tutto il mondo è appeso a un filo. Gli studi umanistici e artistici vengono ridimensionati, nell’istruzione primaria e secondaria come in quella universitaria, praticamente in ogni paese del mondo. Visti dai politici come fronzoli superflui, in un’epoca in cui le nazioni devono tagliare tutto ciò che pare non serva a restare competitivi sul mercato globale, essi stanno rapidamente sparendo dai programmi di studio, così come dalle teste e dai cuori di genitori e allievi.”
Martha Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica

Si torna a parlare di cultura umanistica ... o meglio: della sua crisi. Siamo passati dal governo del Cavaliere e dell’“ambizioso” progetto delle tre I (Inglese, Innovazione e Imprese) a quello dei tecnocrati. Ma il valore ed il riconoscimento per la cultura umanistica è rimasto, a essere ottimisti, basso.

A dire il vero ci sono stati anche un paio di intermezzi prodiani, ma non ricordiamo particolare attivismo in difesa delle materie umanistiche. Eppure si tratta di un’emergenza che implica non solo la qualità della formazione delle generazioni future, ma dell’intera società e, come ricorda Martha Nussbaum, della democrazia stessa. Altro che voglia generalizzata di primarie e modifiche alla legge elettorale più comunemente nota con l’asburgica denominazione di porcellum, l’emergenza democratica è un’altra.
Se non si interviene per invertire il costante processo di affossamento della cultura umanistica la società del futuro sarà costituita più da automi che da cittadini attivi e partecipi.

Non siamo ancora arrivati a Patmos, luogo biblico dell’Apocalisse, ma si può ancora recuperare il tempo perduto a patto, però, di essere disposti a eliminare il profitto come unica regola del mercato globale.

giovedì 9 febbraio 2012

Lavoro precario: fantasia e creatività


“Renato e Rinaldo erano due laureati in lettere. Uguale era la stella che avevano seguito, profondo il precipizio che li divideva: Renato era professore di ruolo in una scuola media della più grande penisola del Mediterraneo; Rino invece era disoccupato, perché aveva passato troppo tempo a occuparsi di cose che non erano importanti e da quando aveva smesso non c’erano più stati concorsi a cattedra. ... Renato arrivava alla fine dei nove mesi dell’anno scolastico come se portasse a termine una strana gravidanza, da cui nascevano lunghe estati di ozio inquieto e accidioso. Rino languiva supplenze accanto al telefono, correggeva bozze per una casa editrice e di quando in quando faceva il negro per qualche giornalista sovraffaticato. Renato avrebbe dovuto essere felice e Rino avrebbe dovuto essere infelice, invece era vero il contrario. Rino era un disoccupato ilare e francescano, mentre Renato era un impiegato statale di settimo livello insoddisfatto e tormentato.”
Alessandro Carrera, La vita meravigliosa dei laureati in lettere

A quanto pare il posto fisso è diventato noioso e monotono, almeno così afferma il Supermario nazionale. In un paese come l’Italia in cui sono anni che va in scena la retorica contro il precariato, un elogio della precarietà sembra essere, quasi, una bestemmia. È, però, quantomeno singolare che a farlo sia una persona che non ha mai provato il lavoro flessibile, precario, a progetto o a prestazione che sia. Eppure il Presidente del Consiglio sembra averci visto giusto, anche se era preferibile una riflessione, più generale, sul lavoro che cambia. Le nuove generazioni, precarie, hanno un atteggiamento pessimista davanti a questo cambiamento. Non si sforzano di dare sfogo alla propria creatività e di trovare soluzioni lavorative diverse dal passato. Il lavoro non-fisso, chiamiamolo così, è sinonimo di possibilità, di occasioni e di crescita professionale. I fantomatici giovani mano a mano che migliorano le loro competenze sono sul mercato alla ricerca di maggiori gratificazioni professionali, di remunerazioni più alte, di posizioni di potere, di ruoli a più marcata visibilità sociale. Il lavoro precario, infatti, ha aperto un’infinità di strade e di possibilità che al giovane del passato erano precluse perchè era destinato ad un unico e solo lavoro per tutta la vita e che mortificava la sua fantasia e creatività. Chiedetelo a Renato, il protagonista del divertentissimo libro di Alessandro Carrera.