lunedì 12 dicembre 2011

Alla ricerca della verità

“Se provi piacere nel contemplare i tuoi stessi odiosi misfatti, vedi qui un campione dell’arte tua di macellaio. Oh, signori, guardate, guardate! Le ferite del morto Enrico aprono le loro bocche coagulate e sanguinano di fresco! Arrossisci, arrossisci, tu pezzo di deforme sconcezza, poiché è proprio la tua presenza a far sgorgare nuovamente questo sangue, fuor da vene fredde e vuote, dove non ne scorre più alcuna goccia.”
(W. Shakespeare, Riccardo III, 2) 

A distanza di oltre un anno dall’omicidio di Sarah Scazzi gli inquirenti non hanno ancora trovato il colpevole. Depistati e confusi dalle romanzesche e controverse ricostruzioni dell’ossuto contadino di Avetrana Michele Misseri, la verità sull’omicidio è ancora lontana. Per il caso di Meredith Kercher, poi, è stato condannato per concorso in omicidio Rudy Guede. Ma chi è l’omicida a cui Guede avrebbe “offerto” assistenza? Anche il caso di Yara Gambirasio è avvolto dal mistero. Gli inquirenti sono ora alla ricerca di parenti nascosti. Per l’omicidio di Chiara Poggi, nella villetta di Garlasco, Alberto Stasi è stato assolto anche in secondo grado. Nei grandi casi di giustizia, l’unica certezza sembra essere l’incertezza. A questo punto, per scoprire la verità, propongo di fare ricorso ad una vecchia pratica giuridica: il diritto di bara, ovvero far passare il presunto colpevole davanti al cadavere dell’ucciso. Se il cadavere sanguinerà, sarà la prova della colpevolezza. Secondo questa curiosa pratica il morto stesso si sarebbe “occupato” del ritrovamento del colpevole per vendicarsi dell’assassino. Non è un caso, poi, che anche Abel Ferrara, nel suo film Fratelli, fa riferimento a quest’antica pratica popolare. Agli inquirenti non resta che leggere Shakespeare ed applicare il diritto di bara!